Ref. HRA 2004/4
©2004 Human Rights Awareness
Alcune
note di sommario su
The
6th
International Congress on
Sex and Gender Diversity: Reflecting Genders
tenutosi a Manchester, UK, dal 10 al 12
settembre
2004
raccolte da
Paola Marziani
Homepage del congresso (con i sommari
di quasi
tutti gli interventi):
http://www.pfc.org.uk/congress/index.htm
Da molti relatori è stato ribadito come
il diritto
alla propria identità di genere sia un diritto fondamentale. Altri hanno sottolineato l’ esistenza di un continuo nell’ identità di genere, che
viene negato anche dalla più recente legislazione. Come enfatizzato da alcuni, vi è la
necessità del riconoscimento di uno stato di transessualismo senza
diagnosi psichiatriche: a tutti/e dovrebbe essere riconosciuto il diritto di
poter
esprimere liberamente il proprio unico (in senso di individuale)
genere. Nonostante
questo, la qualità della vita delle donne transessuali in Europa e
negli USA è
tutt’ altro che soddisfacente, anche per la permanenza di atteggiamenti
transfobici
che non sono adeguatamente affrontati.
In Europa sembra riproporsi un divario tra paesi del
Nord
(Regno Unito, Olanda Germania) e paesi mediterranei (Francia, Spagna,
Italia).
Nei primi vi è la possibilità di ottenere un certificato di nascita
appropriato
senza ricorrere a chirurgia per l’ adeguamento dei caratteri sessuali
primari, mentre questo non è possibile nei secondi.
Sembra poi
che le società dell’ estremo Oriente appaiano come una specie di
paradiso
rispetto alle Occidentali.
Da molti relatori è stato ribadito
come il diritto alla propria identità di genere sia un diritto
fondamentale.
Altri hanno sottolineato l’ esistenza di un continuo nell’
identità di
genere, che viene
negato anche dalla più recente legislazione.
Moonhawk River Stone, e Rachel Wellbank hanno
sottolineato
che l’ approccio corrente nell’ analisi
dell’ identità di genere è basato sulla patologia delle malattie
mentali e
sullo stigma, con l’ assunzione che il continuo dell’ esperienza transgender
sia intrinsecamente anormale. Comunità,
famiglia, cultura e religione istituzionalizzano queste premesse e
impediscono
a ciascuno di esprimere liberamente la propria (unica) identità di
genere.
Sulla stessa linea, Jamison Green ha
considerato che il modello bipolare (o binario della sessualità
e dell’ espressione di genere) ci limita a due tipi di sessualità (omo
ed
etero), due tipi di corpo (maschio e femmina) e due
tipi di espressione di genere (maschile e femminile).
Purtroppo questa visione, centrale nella nostra società, emargina
coloro che
non si conformano, incoraggiando la gente a prendere posizioni di
superiorità
morale che danneggiano i diritti umani ed i diritti civili. Green
suggerisce che un apprezzamento della diversità e della continuità
dell’
identità di genere porterebbe ad un ridimensionamento di molti
estremismi
presenti nella nostra società. Anche Wellbank ha insistito
sullo stesso
tema: la nostra cultura (influenzata da un’ eredità giudaico
-cristiana) ha
risposto al transessualismo con il più formidabile armamentario
sociale:
mistificazione, ridicolo, ostracismo, e violenza fisica. Le persone transessuali sono state caratterizzate come
curiose aberrazioni addirittura quasi
sub-umane, mentalmente malate o ritardate o pervertite senza
possibilità di recupero.
L’ assegnazione del transessualismo ad una patologia psicologica, anche
attraverso l’ uso di termini come gender disphoria, è, secondo
la
relatrice, il risultato di un pregiudizio culturale, nato da un
“genitocentrismo” che trova il transessualismo troppo trasgressivo per
essere
tollerato. Secondo Wellbank, la sessualità
va considerata come un continuo multi-dimensionale: sociale
(genere), sessualità biologica alla nascita, sessualità cerebrale
(auto-determinata), ecc. Un interessante articolo della relatrice sui
diritti
umani delle transessuali è in rete al sito http://www.wellbank.com.
In una prospettiva “storica”, Louise Chambers ha ricordato
alcune idee sul transessualismo maturate
in ambienti
psichiatrici a cavallo tra il XIXo ed il XXo
secolo:
Kraft-Ebbing considerava il transessualismo come il grado estremo di
omosessualità degenerata, ed Havelock-Ellis un’ inversione sessuale.
Nonostante
l’ evoluzione storica dei modelli biomedici, anche attualmente le
identità
transessuali vengono sfruttate per rafforzare il dualismo dell’
economia
sesso/genere, e non vengono considerate naturali. Secondo Chambers,
se
parliamo dell’ identità transgender attraverso il modello
psicopatologico della psichiatria anglo-americana (e non solo…) ci troveremo a spendere enormi somme di
tempo, denaro, energia in chirurgia ed altre “invasioni”
per rendere il nostro corpo passabile come
corpo del sesso opposto, mentre questo non sarebbe necessario. Kate
Nash
(Sussex University) ha parlato in una prospettiva più accademica e meno
polemica, sottolineando comunque come il diritto all’ identità di
genere sia un
diritto umano fondamentale che non è in contraddizione con lo Human
Rights
Act promulgato nel Regno Unito nel 1998.
In
conclusione, come Wellbank ha sottolineato, vi è la necessità del
riconoscimento di uno stato di transessualismo senza diagnosi
psichiatriche, e
come a tutti/e debba essere riconosciuto il diritto di poter esprimere
liberamente il proprio unico (in senso di individuale) genere.
La relazione di Umni
Kahn dell’ Università del Michigan ha presentato il caso di una
donna
esclusa come volontaria da un centro di assistenza per sole donne in
quanto transgender.
Kahn ha constatato che gli argomenti usati dal tribunale in un
ricorso
(respinto) sono stati quelli usati in passato contro molte donne nel
tentativo
di sminuire la loro dignità quando coinvolte in attività non
tradizionalmente femminili.
Secondo la relatrice, i criteri usati per respingere il ricorso della
donna transgender
minimizzano la realtà di ogni donna. Jakob Hero ha
presentato una
relazione su Transphobia as the
Genesis of Heterosexist Violence and Oppression. Traendo spunto
dalla
dinamica dei cosidetti crimini d’ odio (hate crimes), Hero
suggerisce
che all’ origine della violenza alimentata dall’ eterosessimo vi sia
non la
rabbia di fronte al concetto che due persone dello stesso sesso si
amino, ma
piuttosto che la trasgressione delle aspettative di genere che accende
l’ odio
nella mente degli aggressori (p.e., un uomo che tiene una borsetta). La
trans-inclusione è, secondo l’ autore, l’ unico modo di combattere la
violenza
e l’ oppressione eterosessista. Tarynn
M. Witten, PhD, del Trans-science Research Institute http://www.transcience.org/trans_lowspeed.html (a questo sito si
può trovare
una collezione dei suoi articoli) è stata un’ altra tra i relatori che
ha
parlato delle cose che non vanno. Ha sottolineato come l’
invecchiamento delle donne transessuali
possa essere piuttosto misero (“grounded in a socio-ecological
landscape of systemic actual and
perceived violence and abuse”). L’ esclusione sociale, le condizioni
economiche
disagiate sono fonti di stress, che,
secondo la gerontologia attuale, possono essere collegabili a svariate
malattie
senili. Il testo dell’ articolo è disponibile all’ indirizzo
http://www.transcience.org/researchpapers/GCMJArticle2002.pdf.
Sul
piano pratico, Nick Laird,
di Beyond Barriers ha presentato uno studio sulle
condizioni di salute nella comunità LGBT in Scozia (disponibile all’
indirizzo
http://www.beyondbarriers.org.uk/beyond_barriers/news/nhs_report.html).
Ha poi illustrato un progetto in corso di lotta alla transfobia
partendo dalla
libera discussione in gruppi trans sia FtM che MtF, che colmino le
carenza
inevitabili della psicoterapia individuale. Si sta sviluppando un
pacchetto di
training, Challenging Transphobia, che include materiale video,
e che
dovrà servire ad aiutare ad affrontare problemi tipici delle trans
(come
agorafobia, per esempio) con il controllo di un organismo di
rappresentanza con
tutte le organizzazioni trans scozzesi incluse. È stato sottolineato l’
“alto
livello” di discriminazione e la considerazione insufficiente delle
stesse organizzazioni
di supporto e della società in generale alla transfobia.
Insomma,
la qualità della vita delle donne transessuali in Europa e negli USA è
tutt’
altro che soddisfacente.
Per il regno
Unito, Stephen Whittle, Claire McNab hanno presentato la recente conquista
del Gender
Recognition Act, che è stata
salutata tra molti applausi. Il testo
della legge è disponibile all’ indirizzo:
http://www.legislation.hmso.gov.uk/acts/acts2004/20040007.htm
Le norme generali
della legge
permettono a ogni persona transessuale/transgender che ha
vissuto la
propria identità di genere prescelta per almeno 2 anni, e che intenda
continuare a viverla, di ottenere un certificato di nascita
appropriato. Questo
senza la richiesta di interventi chirurgici di adeguamento. Alcune
preoccupazioni espresse hanno riguardato il costo della procedura e la
riaffermazione della “binarietà” dell’ identità di genere.
In Spagna
non vi è in generale supporto del sistema sanitario per la
chirurgia d’
adeguamento (solo nella comunità Andalusa è possibile). È possibile
ottenere il
riconoscimento giuridico dell’ identità dopo la chirurgia, ma è stato
sottolineato come la procedura dipenda dalla discrezionalità dei
giudici. Anche
in Francia le cose non sembrano essere al meglio: Stephanie
Nicot, dell’
Association du Sindrome du Benjamin (http://www.asbfrance.org) ha
cercato di
spiegare come mai il movimento transessuale sia emerso tardi in
Francia.
Secondo la relatrice, il transessualismo è stato relegato ad uno status
sommerso sino agli anni Novanta. Grazie
a Pasteur Doucé è nata una generazione di attivisti, ed ora vi sono 2
principali organizzazioni, la CARITIG and the ASB. In Sud-Africa
(relazione di Pierre
de Vos, University of Western Cape) possono
contare su una costituzione adottata
nel 1994 che proibisce
discriminazione su ogni base incluso sesso, genere, ed orientamento
sessuale.
Però solo nel 2003, con The Alteration of Sex Description and Sex
Status Act
è stato possibile ottenere certificati di nascita corretti per chi
abbia avuto
chirurgia. Alcuni dei problemi legati all’ essenzializzazione del
genere nella
legge sono stati discussi sulla base di casi individuali.
Sul piano dell’ accettazione sociale, è
stato
effettuato un confronto tra la situazione delle donne transessuali in
Gran
Bretagna ed in Tailandia, sia in termini generali Anne
Beaumont-Vernon,
University of Essex)
sia sulla base di un’ esperienza personale (relazione di Gill
Chrystina
Dalton). In Gran Bretagna, una persona transessuale affronta
almeno il
ridicolo, o anche abusi verbali e fisici. Il benessere fisico ed
emozionale
delle transessuali in Gran Bretagna risente dall’ esperienza associata
allo
stigma sociale che spesso accompagna la condizione. In Tailandia, al
contrario,
kathoey vengono trovati in ogni settore della vita sociale, e
godono di
una tacita accettazione, sebbene siano coinvolte in prevalenza in
attività
connesse all’ “industria” del sesso. L’ atteggiamento delle società
occidentali
sembrerebbe essere molto più distruttivo di quello delle società dell’
estremo
oriente.
In sintesi, in Europa sembra riproporsi un divario tra paesi del Nord (Regno Unito, Olanda Germania) e paesi mediterranei (Francia, Spagna, Italia). Nei primi vi è la possibilità di ottenere un certificato di nascita appropriato senza ricorrere a chirurgia per l’ adeguamento dei caratteri sessuali primari, mentre in Spagna ed in Italia questo non è possibile. Sembra poi che le società dell’ estremo Oriente appaiano come una specie di paradiso rispetto alle Occidentali (ma ci credo sino a un certo punto…).