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L’opera di René Girard: sprazzi di luce
nelle tenebre della violenza
Dr. Francesco Stevanato
Il 22 maggio 2001 presso il Palazzo della Provincia di Treviso abbiamo potuto incontrare l’autore francese René Girard, in Italia per ricevere la laurea Honoris Causa presso l’Università di Padova e ospite d’eccezione per la presentazione di un volume dal titolo Fra Dioniso e Cristo - La sapienza greca e la civiltà occidentale, pubblicato da Giuseppe Fornari (Pitagora Editrice - Bologna), suo allievo. René Girard, antropologo e critico letterario, ha insegnato in diverse prestigiose università americane e ha suscitato un grande interesse in Italia dove sono state pubblicate presso Adelphi alcune sue opere tra cui ricordiamo: La violenza del sacro (1980), Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo (1983), Il capro espiatorio (1987). Alcuni suoi saggi per i tipi delle Edizioni Qiquajon sono comparsi nel 2000 col titolo La pietra scartata a cura della Comunità di Bose. Il convegno ha permesso di portare l’attenzione sul tema centrale della riflessione di René Girard: quello antico e purtroppo sempre nuovo della violenza. Una violenza che, come risulta nelle opere dell’autore francese è connaturata con l’uomo e in particolare con l’uomo sociale, costretto a trovarvi rimedi che a loro volta possono originare altra violenza o mascherarla. Benché sia presuntuoso riassumere in poche righe l’originale pensiero dello scrittore - e meglio sarebbe rimandare ai suoi scritti - ci pare di poter affermare che la tesi principale da lui affermata sia racchiusa nel concetto del capro espiatorio. L’uomo risponde alle sue angosce e tensioni generate dal vivere sociale con un meccanismo sempre uguale, perverso e tendente alla perpetuazione: identificare il colpevole, la vittima sacrificale su cui polarizzare le ansie della comunità creando unità nel gruppo compattato ora contro un nemico, un colpevole che diviene vittima e allo stesso tempo salvatore della società. Ma se l’uccisione della vittima comporta un temporaneo calo delle tensioni essa fa nascere anche un senso di colpa che crescerà fino alla necessità di trovare un nuovo capro espiatorio per potersi placare. Non mancano riferimenti a situazioni concrete che mostrano come lo straniero, il negro, l’ebreo, l’immigrato, il diverso, divengano di volta in volta vittime incarnando perfettamente i perversi meccanismi di funzionamento sociale scoperti da Girard.
In questo panorama desolante, l’autore francese trova nella proposta cristiana lo squarcio di luce che rompe il meccanismo infernale autoperpetrantesi della violenza.. Gesù Cristo è colui che, vittima innocente, col suo sacrificio, unico e ultimo smaschera definitivamente le cose nascoste fin dall’origine del mondo, dando inizio ad una nuova era.
Una riflessione alta, un lucido contributo sull’immane questione del superamento della violenza e l’offerta di strumenti culturali per la comprensione di un fenomeno che ci avvolge e lascia sgomenti quando di giorno in giorno vediamo i fatti di cronaca o talvolta guardiamo dentro noi stessi. Un pensiero poi, quello girardiano, fertilissimo, ma soprattutto un pensiero “edificante” secondo il senso etimologico del termine, dove “la pietra scartata” dai costruttori diventa chiave di volta.
Al lettore l’invito ad avvicinarsi a questi scritti per una riflessione che diventa scoperta ed emozione.